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I Santi e i Beati di Casa Savoia
L'Inno Sardo Nazionale
La Marcia Reale
FERT

I Santi e i Beati di Casa Savoia


La Real Casa di Savoia è una dinastia millenaria, che fonda le proprie radici, quale baluardo della Cristianità, nel cuore della Regione della Savoia sin da prima dell’anno 1000.

Ben si comprende quindi la ragione per cui la Dinastia Sabauda annovera molteplici figure di Santi e Beati e ancora oggi sono in corso diversi processi di canonizzazione di membri di Casa Savoia.

Si ripercorre qui sinteticamente la biografia dei Santi e Beati di Casa Savoia della Chiesa Cattolica, precisando che la Chiesa Ortodossa venera altresì la figura di Sant’Anna Paleogina (Giovanna di Savoia – 1306-1365), figlia del Conte Amedeo V di Savoia e imperatrice bizantina.


BEATA ADELAIDE DI SUSA
Marchesa di Torino (1015-1091) 19 dicembre



La Marchesa Adeleaide di Susa, figlia di Olderico Manfredi e di Beta D’Este, sposò in terze nozze il conte Oddone di Savoia, terzo sovrano del Casato, figlio del Capostipite Umberto I Biancamano. È denominata in parecchie cronache benedettine, come “Beata Adelaide” e per l’appoggio dato alla Chiesa “figlia di S. Pietro”, ma il suo culto non è stato mai ufficialmente riconosciuto dalla Chiesa.
Pur essendo una bella persona anche nel volto, considerava la bellezza e la ricchezza come cose passeggere, valutando invece le virtù come gloria duratura.
Dotata di forte temperamento, non indugiava se necessario, a castigare la corruzione in grossi personaggi della regione, compreso anche dei vescovi, nel contempo premiava magnanimamente le nobili imprese e le attività caritatevoli.
Fondò nei suoi possedimenti molte chiese e monasteri, diventati poi centri di divulgazione del patrimonio di studi e di storia.
La sua protezione ai tanti monasteri fondati in Piemonte, Valle d’Aosta e Savoia, fu tale che s. Pier Damiani, vescovo e Dottore della Chiesa, suo contemporaneo, poté dire: “Sotto la protezione di Adelaide, vivono i monaci come pulcini sotto le ali della chioccia”.
Fu amata dagli italiani del tempo, che generalmente la chiamavano “la marchesa delle Alpi Cozie”; fu stimata dai suoi sudditi e temuta dai suoi avversari. Fu sepolta nella Cattedrale di Torino ma la sua tomba è oggi scomparsa. Ancora oggi viene venerata nella Cattedrale di Susa, nella quale le è stata dedicata una statua.


BEATO UMBERTO III
Conte di Savoia (1136-1188) 4 marzo



Umberto III, conte di Savoia, nacque verso il 1136 nel castello di Avigliana, nei pressi di Torino, figlio del conte Amedeo III e di Matilde d’Albon. La vita di questo sovrano trascorse quasi tutta sotto il segno delle contraddizioni: amante della pace, dovette scontrarsi con frequenti ostilità e guerre; penitente, asceta contemplativo, la cura del governo gli impose una vita d’azione, ritrovandosi quasi costretto al matrimonio per lasciare un erede. Diede tuttavia indubbi segni di grande equilibrio morale, di severità con sé stesso e di indulgenza e carità verso il prossimo. Fu il primo principe sabaudo ad essere sepolto nell’abbazia di Hautecombe, che da allora divenne una necropoli per la dinastia, tanto che ancora oggi vi riposano Umberto II e Maria José, ultimi sovrani italiani. Il conte defunto ricevette subito una grande venerazione, supportata anche da non pochi miracoli, finché nel 1838 il re Carlo Alberto di Sardegna non riuscì ad ottenere da papa Gregorio XVI l’approvazione ufficiale del titolo di “beato” per il suo avo, nonché per il nipote di questi, Bonifacio, monaco certosino e poi arcivescovo di Canterbury. I due beati di Casa Savoia riposano oggi in due pregevoli sarcofagi dietro l’altar maggiore della chiesa abbaziale ad Hautecombe. In Italia il Beato Umberto III è ricordato ancora oggi in particolare presso Racconigi, ove nel Santuario Reale della Madonna delle Grazie è custodito un quadro del beato donato dalla regina Elena e fatto restaurare dal re Umberto II. Inoltre è venerato presso Aosta, ove è raffigurato sulla facciata della cattedrale, e nel castello di Sarre, sempre in Valle d’Aosta.


BEATO BONIFACIO
Arcivescovo di Canterbury (1207 – 1270) 4 luglio



Undicesimo dei figli del conte Tommaso I di Savoia e di Margherita di Ginevra, Bonifacio nacque nel 1207 nel castello di Sainte-Hélène-du-Lac in Savoia.
Benché di carattere forte e focoso, era tuttavia portato alla pietà, il padre volle favorire questa inclinazione indirizzandolo alla vita ecclesiastica, pertanto Bonifacio entrò nella Grande Certosa di Grenoble, dove si distinse subito per la sua spiritualità. Non ancora professo fu eletto priore per breve tempo di Nantua e nel 1232, a 25 anni ancora suddiacono, fu eletto vescovo di Belley, dai canonici della cattedrale, i quali desideravano come capo della loro Chiesa, una persona di illustre casato e di grande importanza; alla morte del fratello Guglielmo, che era vescovo di Valenza, Bonifacio amministrò anche quella diocesi fino al 1242.
Per interessamento della nipote Eleonora sposa di Enrico III d’Inghilterra, venne eletto arcivescovo di Canterbury il 15 gennaio 1245 da papa Innocenzo IV, durante il Concilio di Lione, ottenendo anche benefici economici per risanare i bilanci della sede di Canterbury. Venne sepolto nell’abbazia cistercense di Hautecombe sul lago di Bourget, dove riposa tuttora. Papa Gregorio XVI il 1° settembre 1838, ne approvò il culto per l’Ordine dei Certosini e per la diocesi di Chambéry.





BEATA MARGHERITA
(1390 – 1464) 23 novembre



La Beata Margherita di Savoia era figlia del conte Amedeo di Savoia-Acaja, mentre sua madre era una delle sorelle di quel Clemente VII che durante il Grande Scisma si dichiarò papa ad Avignone. Margherita si meritò addirittura l’appellativo di “Grande”.
Nata a Pinerolo tra il 1382 ed il 1390, rimasta orfana, passò con la sorellina Matilde sotto la tutela dello zio Ludovico, che per mancanza di eredi maschi diretti succedette al defunto Principe Amedeo. Divenne sposa nel 1403 del Marchese di Monferrato, Teodoro II Paleologo, e dopo essere stata la saggia consigliera di suo marito, rimase vedova nel 1418.
Governò allora il marchesato in prima persona quale reggente, sino alla maggiore età del figliastro Giovanni. Si ritirò poi nel palazzo di Alba, per dedicarsi ad opere di carità. Divenne terziaria domenicana e fondò poi una congregazione, prima di terziarie e poi nel 1441, con l’approvazione di Papa Eugenio IV, di monache. Nacque così il Monastero di Santa Maria Maddalena in Alba. Un giorno ebbe una visione di Cristo, che le porse tre frecce recanti ciascuna una scritta: malattia, calunnia e persecuzione. Infatti nel periodo seguente ebbe a patire tutti e tre i tormenti indicati. Afflitta da una salute assai cagionevole, fu accusata d’ipocrisia, poi di tirannia nei confronti delle consorelle. Nonostante tutte queste difficoltà, per circa venticinque anni condusse una vita ritirata di preghiera e carità.
Margherita di Savoia morì ad Alba il 23 novembre 1464, circondata dall’affetto e dalla venerazione delle sue figlie spirituali. Il pontefice piemontese San Pio V, già religioso domenicano e priore del convento di Alba, nel 1566 permise per Margherita di Savoia un culto locale riservato al Monastero di Alba, mentre Papa Clemente IX la beatificò solennemente il 9 ottobre 1669, fissandone la memoria al 27 novembre per tutto l’Ordine Domenicano. Martyrologium Romanum la festeggia invece al 23 novembre, anniversario della nascita al cielo della beata. Il suo corpo è ancor oggi oggetto di venerazione nella chiesa di Santa Maria Maddalena ad Alba, anche dopo il trasferimento definitivo nel monastero in una nuova sede avvenuto nel 1956.


BEATO LUCIO
Martire mercedario (??? – 1470) 5 maggio



Discendente della nobile famiglia dei Savoia, il Beato Lucio, ricevette l’abito dell’Ordine Mercedario nel convento di Carcassona in Francia. Inviato a redimere schiavi in Africa, fu sorpreso in mare dai corsari mori che portatolo a Tunisi, gli inflissero ogni genere di orribili torture. Condotto poi in Egitto, per 16 anni sopportò una crudele prigionia e afflitto da molti tormenti, i quali nulla valsero a fargli rinnegare la fede in Cristo Gesù. Indignati per la sua costanza, per ordine del sultano Bajazet II° venne decapitato nella città di Costantinopoli il 5 maggio 1470, giorno in cui viene festeggiato dall’Ordine Mercedario.







BEATO AMEDEO IX
Duca (1435 – 1472) 30 marzo



Amedeo nacque a Thonon nel 1435, figlio del duca Ludovico I di Savoia e di Anna di Lusignano, e nipote dell'antipapa Felice V (Amedeo VIII di Savoia). Già da bambino fu promesso a Iolanda, figlia di Carlo VII di Francia, con cui si sposò nel 1452, e la coppia si ritirò nella provincia di Brescia, territorio che gli era stato assegnato oltre al governatorato del Piemonte. Fu Duca di Savoia. Egli intervenne senza esitazioni quando si trattò di difendere il cristianesimo dalla minaccia turca, raccogliendo un esercito per la difesa del Peloponneso. La sua prima preoccupazione era per i poveri. Nonostante la grande generosità, non ebbe mai problemi economici e grazie a un'attenta amministrazione riuscì anche a saldare i debiti contratti dai suoi predecessori. La sua vita era estremamente austera: lontano dal concedersi qualsiasi privilegio nonostante la sua salute delicata, fece credere piuttosto di dovere digiunare per questo motivo. Con l'aumentare della sua debolezza, passò l'amministrazione del ducato alla moglie Iolanda (1469), ma i suoi sudditi si ribellarono ed egli stesso venne imprigionato fino a che il cognato, Luigi XI di Francia, non ottenne il suo rilascio. Quando si rese conto di essere prossimo alla morte affidò i figli alla moglie e pronunciò le ultime raccomandazioni alla presenza loro e dei suoi ministri: «Siate retti. Amate i poveri e Dio vi garantirà la pace». Morì il 30 marzo 1472 e fu beatificato nel 1677 da Papa Innocenzo XI. Fu inumato nella chiesa di S. Eusebio a Vercelli, sotto l’altare maggiore.


BEATA LUDOVICA
Principessa di Chalons (1462 – 1503) 24 luglio



Ludovica nacque a Bourg-en-Bresse il 28 luglio 1462, quinta dei nove figli del Beato Amedeo IX di Savoia e di Jolanda di Francia, sorella del Re Luigi XI. Rimasta vedova in giovane età di Ugo di Chalon, membro del ramo cadetto dei Signori di Borgogna, abbracciò la regola di Santa Chiara, secondo lo spirito di Santa Colette, la riformatrice francese delle Clarisse. Da modello di sposa divenne modello di monaca. Grande fu il suo spirito di pietà e di preghiera, in un’atmosfera austera e povera. Scrisse alcune meditazioni e un piccolo trattato sull'importanza, per un monastero, della fedeltà alla Regola. Nell'ultimo periodo della sua vita Ludovica soffrì di diverse malattie; morì il 24 luglio 1503 a soli quarant'anni. Si diffuse subito la fama della sua santità. Ludovica fu sepolta nel cimitero del convento, poi, quando nel 1531 le monache furono cacciate da Orbe, le sue spoglie furono trasportate nel convento francescano di Nozeroy. Durante la Rivoluzione Francese il convento fu distrutto, delle tombe, anche se non profanate, si perse ogni traccia. Nel 1838 Carlo Alberto ottenne dal governo francese e dal Vescovo di S. Claude l’autorizzazione ad effettuare gli scavi alla ricerca della cassa che fu ritrovata in buone condizioni. Le ossa furono consegnate a Monsignor Vogliotti, Cappellano Regio, affinché venissero trasportate a Torino per essere riposte, con i dovuti onori, nella cappella interna di Palazzo Reale, all'epoca Parrocchia, presso l'altare dedicato al padre B. Amedeo IX. L’anno precedente Carlo Alberto aveva ottenuto la conferma del culto da papa Gregorio XVI che fissava la memoria liturgica della Beata al 24 luglio.


SAN GIROLAMO CARMELO
Mercedario, veggente, vescovo (??? – 1558) 2 marzo



Girolamo Carmelo di Savoia, chiamato San Carmelo, anche se all’interno dell’Ordine della Mercede è considerato Venerabile, era di origine piemontese appartenente alla famiglia dei duchi di Savoia. Lasciati gli studi per dedicarsi alla vita militare, dopo un sogno decise di farsi religioso mercedario, fece i voti a Barcellona il 25 marzo del 1542. Nel periodo giovanile subì molte tentazioni da parte del demonio, successivamente si dedicò allo studio della teologia. Fu grande devoto della Madonna con la quale dialogava molto spesso considerandola la sua “Sposa Mistica”. Difese strenuamente il dogma dell’Immacolata Concezione e a lei dedicò un libro intitolato “De Conceptione”, nel quale si legge il verso “Tota pulcra es, amica mea, et macula non est in te”. Quando stava scrivendo questo, gli apparve la Vergine circondata di serafini, tale visione aumentò il suo amore verso di lei dicendo che era stato testimone oculare di questo dogma. Si afferma che San Carmelo fu vescovo di Teruel (Spagna), quando in realtà questa diocesi non era stata ancora fondata ma fu molto popolare fra la gente per tanti miracoli compiuti. Morì a Barcellona il 28 maggio 1558. L’Ordine Mercedario lo commemora il 2 marzo.


BEATA MARIA CRISTINA
Regina delle Due Sicilie (1812 – 1836) 31 gennaio



Maria Cristina nacque a Cagliari il 14 novembre 1812, figlia del Re Vittorio Emanuele I di Savoia e Maria Teresa d’Asburgo Lorena. Fu subito consacrata alla Madonna dalla regina sua madre, consacrazione che fu poi rinnovata da Maria Cristina stessa, appena fu in grado d’intendere e volere. Maria Cristina si formò una cultura consona ad una principessa, unita a una spiritualità profonda. Quando ebbe nove anni, suo padre, re Vittorio Emanuele I, dovette rinunciare al trono: dopo un periodo d’esilio a Nizza, si stabilì con tutta la famiglia a Moncalieri, dove morì dopo tre anni, nel 1824. Ritornò a Torino per disposizione del re Carlo Alberto, dove però le incomprensioni in cui si venne a trovare a corte la fecero molto soffrire. Lì sorse in lei il desiderio di diventare suora di clausura, ma il suo direttore spirituale la dissuase: sapeva infatti che Carlo Alberto che l’aveva destinata come sposa al re di Napoli Ferdinando II, matrimonio che venne celebrato il 21 novembre 1832. Maria Cristina iniziò il suo regno accanto al ventiduenne Ferdinando, che già regnava da tre anni. A corte leggeva ogni giorno la Bibbia e l’Imitazione di Cristo e la sua religiosità fu ben presto conosciuta nel palazzo e dal popolo. Quando era per strada in carrozza e incontrava un sacerdote con il Viatico per qualche ammalato, faceva fermare la carrozza, scendeva e si inginocchiava a terra, anche nel fango delle strade di allora. Fece in modo che a tutti a corte potessero partecipare alla Messa nei giorni festivi. La carità verso i bisognosi, l’occupò in pieno. Diede alla luce il futuro re Francesco II il 16 gennaio e già il 29 Maria Cristina era morente per complicazioni sopravvenute. Prendendo in braccio il tanto atteso erede e porgendolo al re suo marito, disse: «Tu ne risponderai a Dio e al popolo… e quando sarà grande gli dirai che io muoio per lui». Il 31 gennaio 1836, in piena comunione con Dio, si addormentò per sempre fra la costernazione generale. Era poco più che ventitreenne ed era stata regina per appena tre anni. Le autorità ecclesiastiche, a fronte della fama di santità che già in vita aveva circondato la regina Maria Cristina, disposero la ricognizione del corpo e la sua traslazione nella cappella dedicata a san Tommaso Apostolo nella Basilica di Santa Chiara a Napoli. In seguito, anche per via delle grazie che il popolo di Napoli attribuiva alla sua intercessione, per la “Reginella santa” s’iniziarono le pratiche per la beatificazione. Il Cardinale arcivescovo di Napoli, il Venerabile Sisto Riario Sforza, nel 1852 avviò il Processo sulla fama di santità, virtù e miracoli. In seguito, con l’introduzione della Causa a opera del Beato papa Pio IX il 9 luglio 1859, iniziò la fase romana, ossia il Processo apostolico. Il 6 maggio 1937 papa Pio XI firmò il decreto con cui Maria Cristina veniva dichiarata Venerabile. Tuttavia, negli anni seguenti, la causa subì un rallentamento a causa della seconda guerra mondiale, che causò anche il bombardamento di Napoli e la distruzione della chiesa e del monastero di Santa Chiara. In seguito, fu proclamata la Repubblica in Italia e re Umberto II di Savoia andò in esilio. Tra le numerose grazie attribuite all’intercessione della Venerabile Maria Cristina, venne presa in esame la guarigione di Maria Vallarino, malata dal giugno 1866 e guarita dopo essersi affidata all’intercessione della regina Maria Cristina. La “Positio super miraculo”, che riportava i documenti dei processi svolti negli anni 1872-1888 presso la Curia di Genova, venne esaminata dai Medici nella Consulta del 29 ottobre 2009, dai Teologi nel Congresso del 26 maggio 2012 e infine dai Cardinali e Vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi il 9 aprile 2013. Infine, il 2 maggio 2013, papa Francesco autorizzava la promulgazione del decreto che dichiarava miracolosa e ottenuta per intercessione della Venerabile Maria Cristina di Savoia la guarigione esaminata. Il rito della beatificazione si è svolto il 25 gennaio 2014 nella Basilica di Santa Chiara a Napoli, presieduto dal cardinal Angelo Amato come delegato del Santo Padre. La memoria liturgica della nuova Beata è stata quindi fissata al 31 gennaio, il giorno esatto della sua nascita al Cielo.


LA CANONIZZAZIONE DELLA REGINA ELENA DI SAVOIA



A completamento di questa sintetica disamina, non si può non dedicare qualche riga alla canonizzazione di un’altra importante figura della Real Casa di Savoia, la Regina Elena.

Jelena Petrovic Njegos nacque a Cettigne, capitale del Regno del Montenegro, l’8 gennaio 1873, figlia del Re Nicola I. Sposò, convertendosi al cattolicesimo, il principe ereditario d’Italia, S.A.R. Vittorio Emanuele di Savoia, assumendo il titolo di Principessa di Napoli. A seguito dell’assassinio del Re Umberto I, divenne Regina D’Italia, accanto al suo sposo Re Vittorio Emanuele III. Con l’avvento dell’impero coloniale, assunse anche i titoli di Regina d’Albania e di Imperatrice d’Etiopia. La sua presenza accanto al sovrano si mantenne sempre discreta e umile, senza essere coinvolta in questioni strettamente politiche, ma dedita totalmente ai bisogni del proprio popolo. Molto amata dal popolo italiano, le venne attribuito l’appellativo di “Regina della Carità”.
Riconoscendo i suoi alti meriti, il Sommo Pontefice Pio XII il 15 aprile 1937 le aveva conferito la più importante onorificenza possibile a quei tempi per una donna da parte della Chiesa Cattolica, la “Rosa d’oro della Cristianità”.
Qualche mese dopo l’Università di Roma la proclamò Dottore in medicina honoris causa e ricevette numerose onorificenze da parecchi stati. Con l’abdicazione di suo marito alla Corona d’Italia, si ritirarono in esilio ad Alessandria d’Egitto, dove il 28 dicembre 1947 rimase vedova. Tre anni dopo si scoprì malata di cancro e si trasferì a Montpellier in Francia, continuando però ad aiutare il prossimo. Morì il 28 novembre 1952 e fu sepolta, come da suo desiderio, in una comune tomba del cimitero cittadino di Montpellier, insieme ai poveri che aveva sempre amato.

In occasione del 50° anniversario della morte della Regina Elena la Repubblica Italiana ha voluto dedicare alla sua memoria un francobollo commemorativo con sovrapprezzo a favore della ricerca contro il cancro. In tale ricorrenza il Vescovo di Montpellier diede ufficialmente inizio alla causa di canonizzazione della “Serva di Dio Elena di Savoia, laica della diocesi di Montepellier e del vicariato di Roma, sposata, Regina d’Italia”. La fama di santità della Regina Elena era già stata esplicitata dal Card. Ugo Poletti in un’omelia del 1993 in occasione della Santa Messa solenne per l’inaugurazione dei paramenti confezionati dall’abito nuziale della Regina Elena da parte dell’Association Internationale Reine Helene d’Italie: “La Regina Elena nella Casa Savoia e nella storia d’Italia è una gemma di dignità regale e di nobiltà cristiana”, disse in tale occasione il Card. Poletti.


L'Inno Sardo Nazionale - S’Hymnu Sardu Nationale


Fu l’inno del Regno di Sardegna Sabaudo. Le sue origini vengono fatte risalire ai primi anni ‘30 del XIX secolo, scritto da Vittorio Angius. La musica, invece, venne composta dal maestro, originario di Sassari, Giovanni Gonella.
Lo spartito originale dell’Inno Sardo è conservato nell’auditorium di Cagliari.
L’Inno fu da sempre tenuto in grande considerazione dai Sovrani di Casa Savoia, tanto che fu suonato, per espresso desiderio di S.M. il Re Vittorio Emanuele III nel 1937 durante la cerimonia per il conferimento della Rosa D’Oro da parte del Papa Pio XI alla Regina Elena.
L’Inno, scritto in sardo, era tradizionalmente affiancato alla Marcia Reale, Inno del Regno d’Italia sino al 1946, quando venne proclamata la Repubblica.
L’Inno Sardo venne eseguito, su sua disposizione, anche alla cerimonia funebre di S.M. la Regina Maria José di Savoia, ultima Regina d’Italia.


Ascolta l'inno sardo




IL TESTO ORIGINALE



LA TRADUZIONE ITALIANA



La Marcia Reale


La Fanfara e Marcia Reale d'Ordinanza, conosciuta semplicemente come Marcia Reale, fu l'inno nazionale del Regno d'Italia dall'unificazione del Paese, avvenuta nel 1861, fino all'armistizio dell'8 settembre 1943, e nuovamente dalla liberazione di Roma nel 1944 alla caduta della monarchia nel 1946.
Venne composta come marcia da parata nel 1831 o nel 1834 dal torinese Giuseppe Gabetti, capo-musica del I° Reggimento Fanteria “Savoia”, in onore di S.M. il Re di Sardegna Carlo Alberto.
La prima esecuzione pubblica della Marcia avvenne nel 1834 quando il Re passò in rivista alcune truppe adunate a San Maurizio Canavese. Nel 1848, in veste di musica ufficiale del Regno Sabaudo, le venne affiancato l’Inno Sardo. A differenza di quest’ultimo, la Marcia Reale ufficialmente non ha testo.
Mentre l'Inno Sardo divenne una sorta di "patrimonio personale" del Re, tenuto sempre in grande considerazione dai Sovrani di Casa Savoia, la Marcia Reale acquistò popolarità fra la gente e venne considerata, anche se nessuna legge la decretava tale ufficialmente, l'Inno del Regno di Sardegna. Dopo l'unità d'Italia, nel 1861, divenne l'inno nazionale del nuovo Stato.
La marcia Reale rimase l’Inno del Regno d’Italia sino al 1943, quando il Governo Badoglio per alcuni mesi la sostituì con La Canzone del Piave. Con la liberazione di Roma e il ritorno del Re nella capitale venne ripristinata la Marcia Reale come Inno della Nazione sino al 1946, con l’esilio del Re Umberto II e la sostituzione con l’attuale Inno di Mameli.


Ascolta la Marcia Reale




F.E.R.T. l’acronimo misterioso


Tradizionalmente indicato come il motto di Casa Savoia, del Regno di Sardegna e del Regno d’Italia, l’acronimo FERT da sempre affascina per il misterioso significato che reca e che, invero, ancora oggi è oggetto di diverse interpretazioni e congetture.
Alcuni storici ritengono che tra il 1315 e il 1316 Amedeo V, quindicesimo Conte di Savoia, si sia reso protagonista, insieme a Luigi IX il Santo, Re di Francia, di un’eroica impresa militare, ossia la liberazione di Rodi assediata dai Turchi. L’Isola di Rodi, situata nel Mar Egeo meridionale fu conquistata dal Cavalieri Gerosolimitani dopo la loro fuga da Cipro e fu la loro sede fino al 1523 quando, vinti da Solimano, furono costretti ad abbandonarla.
Si dice che il Conte di Savoia, dopo aver combattuto per conservarla alla cristianità, ne riportò il motto cavalleresco FERT: Fortitudo Eius Rodhum Tenuit (La sua forza difese Rodi).
Altri autori non concordano sull’impresa attribuita al Conte Sabaudo e sono propensi a ricollegare il motto FERT al collare dell’Ordine della SS. Annunziata, che istituito sotto l’invocazione di Maria Vergine, sottintende i nodi, quale catena della servitù a Maria (per altri ricorderebbe il latino fert "porta, sopporta", alludendo al proposito del Cavaliere di sopportare ogni cosa per devozione e in onore della Vergine). E’ opinione di altri autori che FERT significherebbe “porta il vincolo della fede e della soggezione a Maria”.
Altre interpretazioni sostengono che possa trattarsi di un acronimo formato dalle iniziali di altrettante parole di differenti significati, da far risalire all’epoca di Amedeo VI, quindicesimo Conte di Savoia, detto il Conte Verde.

Le più note sono:

- Frappez, Etrez, Rompez Tout (sfondate, entrate, rompete tutto), sorta di grido di guerra che corrisponderebbe al più conosciuto “Avanti Savoia”;
- Foemina Erit Ruina Tua (una donna sarà la tua rovina), detto dal Beato Sebastiano Valfrè a Vittorio Amedeo II, quando questi gli confidò la sua intenzione di sposare in seconde nozze Anna Canalis di Cumiana, Contessa di San Sebastiano.
- Tout Retournera En France (tutto ritornerà in Francia), in lingua francese, letto al contrario; potrebbe indicare l’aspettativa che i francesi nutrirono per lungo tempo, ossia la speranza che a Dinastia terminasse e il Ducato fosse ereditato dal ramo dei Savoia-Nemours;
- Secondo altri il motto sarebbe un'abbreviazione di fertè, voce dell'antico francese col significato di "fermezza", o di "ferto", nome di una moneta di Amedeo VI di Savoia;
- Foedere et Religione Tenemus: questa interpretazione, per la verità assai probabile, se non addirittura veritiera, mostra la nobiltà e la lealtà della Casata di Savoia;
- Fortiter et Romam Tenemur / Fides Emanuelis Romam Tenebit: queste due spiegazioni sono simili nel significato e vorrebbero far supporre, invero un po’ fiabescamente, che nel 1362 il Conte Verde aveva previsto profeticamente nel suo motto quello che si sarebbe avverato ben 500 anni dopo, con Vittorio Emanuele II che entrò in Roma vittorioso il 20 settembre 1870.